Non è facile consigliare di andare a vedere una mostra, perché ognuno ha le proprie preferenze, le proprie aspettative, il proprio modo di vivere l’esperienza. Questa volta però faccio un’eccezione perché la mostra Tutankhamon Caravaggio Van Gogh a Vicenza non è un’esposizione consueta, già vissuta; è qualcosa che davvero non ti aspetti.
Ho avuto l’occasione di vederla grazie all’invito di Segafredo Zanetti, main sponsor, che ha organizzato una “blogger night” per accompagnarci in una visita speciale e inedita dell’esposizione: l’abbiamo percorsa attraverso gli occhi e le parole del curatore Marco Goldin che ci ha introdotto allo spirito con cui è stata pensata e a una guida appassionata che ci ha preso per mano e ci ha condotto tra i notturni della storia dell’arte.
Che cos’ha di speciale questa mostra?
Innanzitutto il tema, originale e avvincente, un filo conduttore che viene snocciolato quadro dopo quadro, sala dopo sala, in tutti i suoi aspetti: da quelli spirituali e misteriosi degli Egizi a quelli irrazionali dei pittori del ’900. Un altro aspetto originale è l’ accostamento di opere di periodi e stili lontanissimi, che creano stupore e inducono a non distrarsi mai per non perdere il senso di quanto raccontato. Perché è proprio questo che rende unica questa mostra: è un racconto. Intenso ed emozionante, come quando si legge un libro che poco a poco svela il suo significato fino a portarti all’ultima pagina e a restituirti poi il senso del tutto. Non è una sequenza didascalica di opere, non è un percorso storico.
Le opere in esposizione
Ogni singolo quadro od opera sono stati accuratamente selezionati per descrivere un aspetto diverso della notte: la prima sala racconta la notte per gli Egizi, il suo mistero e il suo eterno, così indissolubilmente legato al senso dell’esistenza. Tra le opere più pregevoli la testa di Tutankhamon, il re forse più rappresentativo del legame tra la vita e la morte. Il racconto prosegue nella seconda sala, dove alcuni splendidi dipinti del Giorgione, di Tiziano, di Lopez Garcia, raccontano la vita di Cristo durante la sera e la notte, che vive sullo sfondo o fuori dalla finestra ma anche nelle vite ritratte, come quella di S. Francesco dipinto da Caravaggio, El Greco, Gentileschi.
La terza sala cambia completamente ambientazione e si affida alla narrazione di una notte tetra, difficile, sofferente del carcere come quella di Piranesi, che contrasta con quella soffusa di Rembrandt della croce, ancora diversa dalla notte che si fa paesaggio della quarta sala: è il tema dei Romantici e dell’emozione che suscitano i tramonti e i notturni fatti di luna e di stelle, dove lo sguardo si perde rapito ed estasiato dai colori delle tele di Monet, Van Gogh, Turner e molti altri. Dall’800 la notte approda al secolo successivo e diventa riflessione piscologica, solitudine, astrazione, introspezione. La notte dentro di noi raccontata da alcuni artisti eccellenti come Rothko e De Staël.
L’ultima sala è l’approdo finale, un’escalation di visioni della notte che si intrecciano l’una con l’altra passando dalla forza figurativa della deposizione di Giordano allo strazio dei corpi di Cézanne e Bacon che contrastano con il corpo della donna tahitiana di Gauguin e con l’estrema Notte di Natale di Rothko, per concludere con il quadro simbolo di Van Gogh e della mostra: il Sentiero di notte in Provenza. Quel lungo canto di addio e di amore, una notte che si fa luce, che avvolge tutto con il suo abbraccio e il suo mistero.
La notte nel mondo dell’arte
Questa mostra, allestita nell’affascinante Basilica Palladiana in una scenografica penombra costellata di piccole luci come tante stelle, è un viaggio appassionante nella notte e nei suoi molteplici significati. Mi è rimasta impressa la frase con cui il curatore Goldin ha iniziato a raccontare la sua esposizione: “ho sempre pensato che l’arte sia il racconto della vita“. E credo che in questa mostra sia riuscito a raccontarci una storia, che ognuno di noi ha vissuto secondo le proprie sensazioni, ma certo non senza emozionarsi.